lunedì 28 maggio 2012

Dalle città automatiche alle città ingegnose


L’insieme di pratiche, tecnologie e applicazioni che definiscono il fenomeno delle Smart Cities nasce in contesti aziendali e produttivi. Ha la sua origine nel lavoro di multinazionali del digitale come Ibm e Cisco, e si colloca all’interno di precisi orizzonti di business inscritti nel panorama delle Information and Communication Technologies. Le strategie di comunicazione di queste aziende hanno sviluppato una visione di città ideale fortemente automatizzata, sulla quale hanno costruito un’offerta di prodotti e servizi.

Destinatari naturali di questa offerta sono state le istituzioni, che dapprima hanno assorbito all’interno delle pratiche amministrative i “segmenti di intelligenza” messi a disposizione dalle aziende, e ora stanno tentando di collocare la propria funzione su un livello superiore, integrando gli interventi e assumendo il controllo della progettazione e della pianificazione. Come racconta Andrea Granelli su Wired la Comunità Europea ha introdotto il potenziamento delle infrastrutture immateriali delle città all’interno dei suoi assetti prioritari di sviluppo. E alcune città italiane cominciano a recepire queste direttive, sollecitate anche dalle opportunità offerte dai bandi europei.
Milano, Torino, Bari, Genova hanno innestato nel proprio tessuto urbano, in relazione a problemi specifici, sistemi di gestione “intelligente” dei servizi: dall’efficienza energetica alla gestione dell’acqua e dei rifiuti, dall’istallazione della rete a banda larga a sistemi innovativi di illuminazione.

Soluzioni utili ed efficaci che, tuttavia, confermano il rischio di uno schiacciamento della progettazione su una prospettiva “tecnica”, applicata prevalentemente alle questioni energetiche. Che restano fondamentali ma vanno affrontate all’interno di una visione complessiva e integrata, ispirata dalle specificità architettoniche, culturali e paesaggistiche delle città italiane. Indicazioni importanti in questa direzione arrivano anche dall’Anci, che ha definito un “Progetto Paese per le città ad alto potenziale di innovazione” ). Un programma che rappresenta una vera e propria strategia di traduzione delle tendenze smart nella progettazione di “città d’ingegno” in grado, scrive Granelli, di “assicurare non solo che l’intelligenza si sposti dalla tecnologia alla città, ai suoi luoghi, ai suoi processi, alle sue infrastrutture – ma che si prenda cura (senza spettacolarizzazioni eccessive e artificiose) anche del cuore antico delle città (il centro storico), senza però musealizzarlo o mummificarlo ma vivificandolo e innestandolo nei percorsi e nelle funzionalità richieste dalla modernità.”

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