venerdì 1 giugno 2012

L’astuzia delle soluzioni


In un articolo pubblicato su Memo Grandi magazzini culturali (da qui si può scaricare il pdf con il testo integrale), Adrea Granelli invita a diffidare della traduzione letterale del concetto di smart city. All’intelligenza automatica implicita nella definizione Granelli dice di preferire la combinazione di “ingegno” e “astuzia”. Spiegando cosí la sfumatura interrogativa del titolo del suo libro, Città intelligenti?

Non è desiderabile l’avvento di città intelligenti se nel concetto di intelligenza prevale l’estremismo tecnologico che sogna la programmazione automatica di tutte le declinazioni del vivere. Una visione integralmente strumentale della razionalità introduce una inquietante, e irrealistica, tentazione “totalizzante” nel controllo dei processi sociali.

Il pensiero greco, spiega Granelli, distingueva il logos (intelligenza razionale legata all’uso della parola e alla capacità di concettualizzare) dalla metis (astuzia, acutezza animale). La prima era una “razionalità discorsiva”, lineare, mentre la seconda era una ”acutezza”, una intuizione di grande impatto, incisiva, spesso legata a un uso astuto delle poche risorse disponibili, sempre insufficienti se valutate da una prospettiva “razionale”. La metis è l’intelligenza di Ulisse, la sostanza del suo “multiforme ingegno”.

Prometeo (pro–metis) è colui che pensa in anticipo, che pre-vede. Oggi uno dei temi fondamentali della pianificazione urbana è proprio la previsione, l’anticipazione dei bisogni. L’astuzia – la dote attribuita tradizionalmente alla lince – fu l’idea che ispirò nel 1602 Federico Cesi quando fondò l’Accademia dei Lincei, la piú antica accademia del mondo, che ha annoverato tra i suoi primi soci Galileo Galilei.

L’agudeza, del resto, era uno degli aspetti centrali a cui puntava la formazione che le scuole gesuitiche organizzavano per la classe dirigente del tempo. Questa acutezza richiede un modo diverso di guardare le cose, di dare peso a ciò che si osserva, di dissezionare il noto con un occhio acuto come un rasoio.

Ma è l’incontro di acutezza e ingegno – descritto emblematicamente nel libro Agudeza y arte de ingenio che il gesuita Baltasar Gracián Y Morales scrisse nel 1647 – a generare potenza creativa, acutezza nella lettura del contesto e quella genialità che si traduce in opere di ingegno concrete, da cui l’espressione “genio civile”.

Le nuove tecnologie devono quindi aiutare le città non solo a diventare intelligenti e raziocinanti, a dare il meglio con le regole e le conoscenze attuali, ma anche – e forse soprattutto – a facilitare il processo di adattamento alle sempre piú mutevoli esigenze, e in qualche modo a intuirle e pre-vederle, trasformando gli spazi urbani in “città d’ingegno” dove visione, genialità (ma anche genius loci) e astuzia si fondono in unicum che consente di trovare – anche con la carenza cronica di risorse e competenze – soluzioni intelligenti in quanto “ingegnose”.

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