lunedì 3 dicembre 2012

L’Europa delle città: Berlino

Giacomo Antico

Questo testo fa parte di un’inchiesta collettiva su L’Europa delle città, prodotta in collaborazione con Il Bureau.


La prima lettera della mia vita mi raggiunge l’ottavo giorno della mia giovane esperienza berlinese all’indirizzo di Oranienstrasse 33, edificio frontale, piano terzo, porta a destra. È una busta di dimensioni considerevoli, stipata di incartamenti. Maledicendo la mia scarsa manualità, faccio a pezzi l’involucro e ne esamino il contenuto: una smorfia di stupore spariglia la mia faccia. Tiro le tende della stanza e cerco rifugio nel suo anfratto piú scuro. La mia mano stringe il codice fiscale tedesco appena assegnatomi, senza capire la motivazione di tale inquadramento istituzionale.

L’impatto con una burocrazia celere ed efficiente – specie se la si confonde con l’ossessione tutta tedesca per l’irreggimentazione della realtà in categorie, un abito che si riverbera persino nell’universo linguistico, in cui il neologismo, lo strappo alla regola, è anch’esso regola – può suscitare nell’immediato una sensazione di mortificazione della libertà individuale. Tuttavia e ben presto, l’impressione di soffocamento si tramuta in ammirazione quando con uno sguardo piú attento si riconoscono i benefici di ordine socio-politico ed economico di una smart governance cittadina.

Infatti, è la povera, scalcinata Berlino che l’imprenditorialità hi-tech europea ha scelto come sua mecca, attirando giovani creativi e concentrando il piú elevato numero di start-up del Vecchio Continente. Una neonata comunità virtuale che già vanta successi di fama mondiale: basti citare SoundCloud, comunemente definito “Youtube della musica”, un sito con piú di dieci milioni di iscritti, o Upcload, che tramite la webcam misura in un attimo la taglia delle persone, rimuovendo cosí il principale ostacolo allo shopping di abbigliamento online. Le ragioni di tale successo vanno trovate nella sinergia fra istituti di ricerca, università, enti pubblici funzionanti e digitalizzati, e in una rete di wi-fi gratuito sempre piú diffusa. Inoltre, il basso costo della vita agevola la permanenza sul mercato di imprese acerbe, che altrove, seppur con idee valide, dovrebbero fare i conti con tempi di gestazione significativamente piú brevi. E se nel futuro prossimo questa ondata di visionari della rete promette di propiziare ingenti investimenti stranieri, per l’intanto costituisce una fulgida prova di quanta innovazione sia in grado di sprigionare l’azione combinata dei parametri di intelligenza di una città.

Un’intelligenza i cui segni sono manifesti nello spaccato urbano, come l’ispirato accorgimento di trasformare la denutrita figura standard del semaforo per l’attraversamento pedonale nell’Ampelmännchen, alla lettera l’omino del semaforo. Un florido omino in grado di strappare un sorriso anche al piú bigio degli impiegati in ritardo. Ormai un oggetto di culto cosí popolare da essere usato nelle scuole per l’educazione alla sicurezza stradale e in grado di alimentare un consistente giro d’affari con l’apposizione della sua effigie su souvenirs di ogni tipo. Non si richiedono nozioni di psicologia del traffico per apprezzare l’influenza positiva di questo simbolo sul viavai quotidiano.

Quando non vuole avvalersi della precisione millimetrica della mobilità pubblica, chi passeggia per Berlino ha l’impressione di percorrere un itinerario nel recente passato europeo, e al contempo proprio le stratificazioni urbane sincopate, l’ordinata discontinuità architettonica risuonano come un inno al cambiamento. Il suono di una città strutturalmente favorita dalla sua fisionomia che è Storia contemporanea, in cui “la tempesta del progresso” spira senza sosta sulle polverose testimonianze d’una perduta età dell’oro. Un aspetto eteroclito che è già divenire.

Un vantaggio non da poco considerando che, mentre nell’area asiatica si possono concepire a tavolino i cosiddetti Green City Projects per nuove e intelligenti città, in Europa preesistenti metropoli debbono interrogare la loro architettura per ottimizzare le infrastrutture disponibili e innestare un’informatica per la città, che ne misuri lo stato di salute da una angolazione olistica,  aiutata da sensori che, nascosti sotto l’asfalto o inseriti nei pali della luce, rendicontano lo stato del traffico, l’inquinamento dell’aria, il livello di rumore, il grado di riempimento dei bidoni dell’immondizia, l’efficienza energetica.

Insomma, come evidenziano le recenti evoluzioni, anche a Berlino il cittadino di domani sarà coinvolto in uno scambio diretto di dati con l’ambiente circostante. Se vuole renderlo proficuo, pur avendo accesso in qualsiasi momento alle informazioni fornite dalla città intelligente, non sarà esentato dal pensare.

Giacomo Antico, presto 22 anni, segue il quarto anno di giurisprudenza a Roma. L’inverno passato ha trascorso a Berlino il semestre piú freddo che si ricordi.

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